3 novembre 2014

Acquaviva in italiano...Živavoda Kruč in croato

Una volta parlai per una decina di minuti con un sordo muto: mi accorsi del suo disagio quando completai presentazione e discorso. Un'altra volta, invece, in mezzo a degli amici del nord Africa mi sono accorto di essere io il "muto". Proprio così: quando mi rendo conto che la mia lingua non può essere compresa da chi mi sta intorno entro nel panico! Il linguaggio è una cosa così strana...
Quando penso alle varie lingue volo con l'immaginazione oltre le Alpi, oltre il mediterraneo, eppure la mia mente non si può dire accorta a certi dettagli: in questo Molise qua, quasi più piccolo di una provincia, se ne sentono di tutti i dialetti. Quelli che mettono le "e" al posto di tutte le vocali; quelli cantilenati; quelli "ruvidi"; quelli del mare e quelli della montagna. Ma non solo: a pochi km (ma molte curve) da Campobasso ci sono paesi in cui si parla una lingua completamente diversa dalla nostra. Si tratta dei paesi che hanno radici balcaniche. Di questi posti ne so veramente poco e quello che so lo devo al mio caro amico Antonio che li sta studiando per la sua tesi di Laurea.
Le loro storie sono affascinanti e movimentate e ieri, per puro caso, mi sono trovato a viverne una parte girando dentro Acquaviva Collecroce.
Ero con Maria e Paquito, un boxerino con antenati tedeschi, nome spagnolo ed abbaio molisano!
Tutti e tre ci siamo avviati seguendo le indicazioni di Daniel, una voce femminile prestata al mio navigatore. Non so se mi fiderò ancora di lei visto che mi ha consigliato una strada fatta di curve abbinate a salite, dossi, discese e, sopratutto, fossi...VORAGINI!


Quando non ci credevamo quasi più, siamo arrivati alle porte del paese. Lì sono sceso per fotografare il paesaggio dominato dalla neve del Gran Sasso e proprio in quel momento sventolava un cartellino rosso nel campo che ospitava la partita tra Acquaviva (in maglia a scacchi, come quella della Croazia) e Guardialfiera!
Entrati nel paese abbiamo iniziato a girare tra i vicoli con il nome italiano e quello croato. Il borgo, seppure poco curato e prossimo a crollo, é un presepio: scalinate, archi, vicoli stretti e affacci sulle colline. Dentro le case diroccate si notano alcune particolarità che non ero abituato a vedere in Molise: mi vengono in mente i mattoni rossi usati per costruire, visibili dove manca l'intonaco oppure gli architravi fatti ad archi composti che restano in piedi solo per grazia divina.


Come al solito io giro nei borghi seguendo la curiosità per cui è raro che le mie passeggiate siano ordinate. Mi lascio condizionare dai dettagli, ingannare dai vicoli con i panni stessi ed incantare dalle voci e dai profumi di sugo, di frutta o di fiori.


Spesso questo modo di fare mi premia e questa volta è capitato di ascoltare  una voce giovane che parlava una lingua sconosciuta a cui si sovrapponeva una voce più anziana. Ho lasciato che per qualche minuto quelle voci non si accorgessero di noi e piano piano ho trovato la stradina che conduceva al dialogo straniero. Preso dalla curiosità ho pensato di uscire allo scoperto! Tra il rumore dell'acqua ed il profumo del vino nuovo ho trovato nonno e nipote che trascorrevano in serenità i minuti del tramonto. Il giovane lavava una grande damigiana evitando che il lavoro lo facesse suo nonno ancora vispo ma con l'aria di chi vuole solo godersi l'età della saggezza.


L'anziano aveva occhi chiari, la coppola sui capelli bianchi e un foulard giallo e rosso intorno alla gola. Mi ha sorpreso quando in un solo istante ha cambiato lingua iniziando a parlare con me in italiano. Dopo uno scambio rapido di battute lui se ne stava rientrando in casa ed ho provato a fotografarlo con il telefono. Ecco: quando serve la macchina fotografica non ce l'ho mai! Questa domenica l'avevo lasciata a casa per provare ad osservare e memorizzare il mondo solo con i miei occhi. Tentativo fallito alla grande.
Consapevole di non essere riuscito a fare il ritratto rubato che speravo, ho chiesto al buon uomo di farsi fotografare ed ha subito accettato accogliendo il mio suggerimento di sedersi su un gradino illuminato di taglio dall'arancio del tramonto. Proprio gradino era l'accesso alla sua casa natale incorniciata dai rami della vite. uno, due, tre...tanti scatti fatti alla meglio, forse non eccezionali nella resa ma incredibilmente evocativi nel contenuto. Terminata la "sessione" fotografica abbiamo continuato a chiacchierare e, prima di lasciar cadere il tramonto dietro l'Abruzzo, ci siamo salutati con un dito di un ottimo vino rosso frizzante!


Quanti portali scolpiti ho contato ad Acquaviva: portano ancora i segni del passaggio dei templari, altri simboli e finanche, sotto la Chiesa, il quadrato magico "rotas opera tenet arepo sator".


Si sa che passato il mese di ottobre la notte cala in fretta: alle 17.30 era già quasi buio e così, accompagnati dalle campane stonate, siamo ripartiti andandoci a perdere per una strada senza uscita. Fortuna ha voluto che un cacciatore, insospettito dalla nostra auto, ci ha seguito pensando che fossimo ladri/fuorilegge e, sceso dalla macchina con aria minacciosa, s'è ravveduto e ci ha indicato la strada per tornare a casa!

5 ottobre 2014

Ma la banda è passata?

Che comodità questi lettori mp3, ci consentono di mettere le cuffiette ed ascoltare la musica ogni volta che vogliamo: quando siamo stesi sul letto, quando viaggiamo sul treno e quando attraversiamo per strada. Possiamo scegliere tra migliaia di canzoni che hanno confezionato con i migliori strumenti di elaborazione del suono e ciò che ci arriva alle orecchie è un prodotto p-e-r-f-e-t-t-o. E ce lo godiamo da soli!
La banda è "passata", ma non per strada. E' cosa vecchia, da rinchiudere nei bauli del secolo scorso! Addirittura ho sentito storie incredibili di poveri giovani che, tornati dalla disco alle 3.00 del mattino, hanno avuto un risveglio infastidito dalla banda di mezzogiorno invitata dal comitato festa per rallegrare la festa del Santo Patrono! Siamo nel 2014: toglietevi i berretti e le giacchette e riponete quei tromboni, capito?!?


Basta così. Volevo fare un'introduzione sarcastica ma le righe che ho scritto mi hanno solo infastidito. La banda è un regalo di gioia, di arte e di colore, fatto al popolo, quindi ai nonni e ai bambini, ai giovani e pure ai cani e ai gatti! E' una missione di altruismo. Provo ad immaginare cosa potesse significare per coloro che la musica non potevano ascoltarla mai; al massimo se la canticchiavano mentre zappavano. Era grazie alle processioni e alle feste religiose che, nel nostro Molise, le persone potevano godersi la musica per i vicoletti più stretti del paese e dentro le piazzette. I bambini di allora sono gli anziani di oggi, gli stessi che ho incontrato ieri sera seduti in silenzio davanti alla cassa armonica della banda di Martinafranca. Era la festa di San Francesco e per l'occasione avevano montato questo palco tutto illuminato che si chiama, appunto, cassa armonica. Di queste strutture non ne montano più tante nelle feste molisane e quindi non mi sono lasciato sfuggire un'occasione fotografica e narrativa di questo tipo.


Quando ero più ragazzino non le notavo tante cose ma adesso, per fortuna, riesco a fare attenzione a qualche dettaglio che mi fa capire quanto sia ancora importante il concerto della banda.
Ieri sera sono arrivato in piazza sbraitando contro l'inciviltà del tizio che era parcheggiato proprio affianco alla cassa armonica. Poi Maria mi ha suggerito di guardare dentro quella macchina rossa e vecchia; dal finestrino tirato giù ho visto uno strano oggetto sul sedile, poi una mano anziana e poi, seguendo il braccio, lo sguardo commosso di un uomo di almeno 75 anni. Sono tornato con gli occhi sullo strano oggetto ed ho capito che si trattava di un registratore a musicassetta. Trovare da subito una scena così mi ha predisposto a cercare le emozioni negli occhi delle persone.



C'era Lucio un personaggio di 70 anni di Campobasso famoso per la sua semplicità e per la sua passione per il ballo. Mi ha detto:"Giovanò, mi avete visto? Ho ballato pure stasera. Ma mo mi devo sedere perchè mi fanno male i piedi e se non mi riposo domani non posso ballare al centro anziani che sta dove una volta c'erano le monache!" e poi mi ha detto:"...che poi i giovani mi prendono in giro perchè io ballo a tutte le feste e pure nella villa...e che è 'sta maleducazione!". Ha ragione Lucio, noi giovani siamo diventati così assenti che non sappiamo apprezzare chi si sa divertire con semplicità. "Meh, scusate se parlo troppo signorì, io mo me ne vado a casa!" e dopo aver salutato me e Maria se n'è andato.


Io chiacchieravo da una parte e i musicisti suonavano dall'altra. Li vedevo appassionati e grintosi mentre caricavano aria dai polmoni e ci riempivano i tubi dei loro ottoni; altri allargavano le braccia e quasi spaccavano i piatti dorati. E poi c'era il maestro che, neanche a dirlo, si muoveva con impeto e di tanto in tanto sistemava il proverbiale capello lungo. A godersi lo spettacolo c'erano diverse persone e tra queste si intravedeva un gruppo di giovani frati francescani, con la barba nera e lo sguardo pieno di entusiasmo e di curiosità verso una città nuova per loro.


Poco più in la c'era un altro anziano seduto su un muretto ricavato nella facciata della chiesa. Mi sono accorto di lui quando la banda ha iniziato a suonare "Va' pensiero" ed ho sentito la sua voce seguire la musica. Lui era lì, da solo, senza una moglie, senza un figlio, senza un nipote. Ma era con la banda e con il pubblico. E cantava, senza bisogno di cuffiette!


P.S.: con €10,00 ho comprato 3 CD con i migliori pezzi della banda!

6 luglio 2014

"La vita si cammina! La vita non si gira" - Papa Francesco in Molise

Era identico a quando lo vedi in televisione. Sorridente nel vestito indisciplinato che gli intrappola la testa quando tira vento; un po' sbadato, estremamente diretto e ancora sorpreso della figura che si trova a rappresentare. Ho stima e fiducia nei suoi confronti.
Eppure io il Papa a Campobasso me lo sarei visto tranquillamente in televisione perché i numeri che si raccontavano erano tremendi: 200.000 visitatori in una Campobasso che, con la metà delle persone, a Corpus Domini è impercorribile.
La sera del 4 luglio ho fatto un giro per la città con i ragazzi dell'associazione fotografica per poter coordinare il nostro reportage. Le strade cominciavano ad essere transennate negando il passaggio alla maggior parte dei veicoli. Tutto il centro era quasi sgombro di automobili sia in transito che in parcheggio. C'erano solo tante persone libere di camminare con i bambini liberi di correre e di giocare senza preoccupazione. Nel frattempo i maxi schermi montati per trasmettere i video del Papa erano attivi e dalle casse si sentiva l'audio delle trasmissioni Rai.
Con me avevo la macchina fotografica ed un obiettivo 80-400 da provare per capire se dallo spazio destinato a noi dell'associazione ci fosse possibilità di fare qualche primo piano al Papa. La distanza era veramente grande ma sicuramente qualche buona inquadratura non era compromessa. Il rientro a casa in automobile, con Francesco e Novella, è stato assurdo: la strada per arrivare a casa era contorta e deviata dalle transenne e dai posti di blocco preparati alla sicurezza! Raggiunta casa ho passato il tempo ad aspettare la ricarica completa della batteria della macchina fotografica e, dopo l'una, sono andato a letto in tutta tranquillità senza realizzare pienamente la storia che avrei incontrato il giorno successivo.
Essendo una delle notti più calde di questa estate improvvisata, ho preso sonno tenendo aperta la finestra. Verso le tre, mentre dormivo tranquillamente, ho iniziato a sognare la sveglia che mi segnalava le 5.00! Mi sono destato ed ho visto il telefonino immobile accanto al letto. Nel frattempo, fuori dalla finestra, sentivo il passaggio cadenzato di automobili e motociclette, sicuramente al servizio della sicurezza. Mi sono rimesso con la testa sul cuscino ed ogni volta che riprendevo sonno mi ripartiva il sogno della sveglia. Stavo iniziando a metabolizzare l'importanza della giornata che stava sorgendo!
Anticipando di 10 minuti il "drin drin" del telefono, mi sono alzato ed ho iniziato a preparare la borsa della macchinetta. Quando era pronta ho fatto un ragionamento sulla mia povera schiena che, ormai, non regge più il peso di tutta l'attrezzatura su una sola spalla. E così ho trovato uno zainetto nuovo e leggerissimo e dentro c'ho spostato il contenuto della borsa. Mangiato un cornetto e bevuto un succo mi sono buttato in strada intorno alle 5.30 incontrando Marco.
Spostandoci verso il centro abbiamo incontrato le prime persone dirette verso il campo sportivo Romagnoli, le macchine delle forze dell'ordine, le bancarelle con le bandierine, i venditori di giornale ambulanti che mettevano bene in vista i titoli su Papa Francesco in Molise. C'erano poi i balconi già pronti con le bandiere del vaticano, gli striscioni e le foto del Papa attaccate sui tabelloni destinati alle pubblicità.
Addirittura, in qualche punto, c'era già una breve fila ai bagni chimici!
L'ingresso al Romagnoli era già abbastanza assediato dai fedeli in fila mentre, nello spazio stampa destinato ai fotografi, c'era tutto il posto che volevo...è bastato un attimo per prendere esattamente il posto che avevo studiato la sera prima!
Le 16.000 sedie disposte sul campo erano ancora vuote e prive del sole che stava sbucando dietro i palazzi accanto al carcere. La giornata era già abbastanza calda.
In pochi minuti Roberto ha raggiunto me e Marco ed abbiamo iniziato a scattare fotografie al luogo, agli operatori, alle forze dell'ordine e alla gente che si avvicinava ai punti di ingresso.
Ho avuto modo di avvicinarmi al palco, una grossa capanna costruita con le canne verdi. Lì sotto c'era il palco in ferro battuto realizzato da un senegalese (se non ricordo male) e la statua plurisecolare della Madonna della Libera di Cercemaggiore. Mentre osservavo tutti i dettagli sono rimasto colpito da una delle guardie che, con un cane opportunamente addestrato, sondava l'intera superficie del palco ogni tot di tempo!
A me che sono abituato a vivere in una città più o meno tranquilla che ospita piccoli eventi, vedere scene del genere ha destato un po' di preoccupazione!
Ad un certo momento la mattinata sembrava già in orario avanzato...invece erano poco più delle 7.30! In due ore avevo già scattato qualche centinaio di fotografie ai dettagli intorno a me ed il grosso doveva ancora arrivare! Dal mastodontico impianto audio, nel frattempo, sono iniziati ad arrivare i primi segnali del grande evento: "Uno, due, tre, prova" e subito dopo le melodiche ed incisive note di un disco strumentale realizzato dieci anni fa dal migliore chitarrista italiano, Dodi Battaglia.
Con un po' di anticipo rispetto alle previsioni le transenne sono state aperte. Per quello che ho capito gli operatori facevano passare le persone per 40 secondi e poi richiudevano il passaggio dando modo al pubblico di trovare con calma il proprio settore. E' stato da questo momento in poi che ho iniziato a scattare fotografie un po' più divertenti: finalmente c'erano persone in quel campo enorme. Avevano con loro le bandiere, gli stendardi delle parrocchie, i cappellini dell'evento! Tutti gioiosi e pimpanti, per nulla dispiaciuti di aver rinunciato a qualche ora di sonno o ad una bella giornata al mare.
Dall'altra parte arrivava il coro ed il musicista provava alcuni passaggi del suo spartito. Per le 8.00 un elicottero è passato sulle nostre teste. Ho pensato fosse il Papa. Era solo la Polizia.
Alle 8.30 spaccate un altro rombo ne cielo ed ecco un elicottero tutto bianco: era quello del Papa! Chissà cosa avrà pensato a vederci tutti lì, un'unica massa di colori ma tante persone distinte in trepidazione.
Dagli schermi giganti iniziavano a vedersi le immagini di Papa Francesco atterrato all'Università. Lì c'erano Danilo, Novella, Domenico, Sara e Mariaconcetta a fare fotografie e mi tenevano aggiornato sugli avvenimenti. Ho pensato che, forse, la vita da reporter/giornalista dev'essere interessante e al contempo stressante.
Con il caldo le persone hanno iniziato ad avere qualche difficoltà e, finalmente, la Protezione civile ha iniziato a bagnare la folla con acqua nebulizzata. Naturalmente c'è stata anche qualche presa di posizione di qualche fanatica operatrice della protezione civile che alla richiesta di acqua da parte mia rispondeva:"Non te la do perchè te la puoi andare a comprare. Oppure te la potevi portare da casa. Dalle 9.30 la diamo ai fedeli!". Ho pensato che a certe persone basta un'uniforme per perdere il cervello. Che pena mi fanno...mi verrebbe da chiedere: ma chi ce li ha messi lì?!? Bocca mia, taciii. Forse non aveva ragione nemmeno Pasqualin u paparazz quando, sbagliando a leggere la scritta dietro la loro polo ha detto: "Chiss chi so'? La protezion anemal?". Le bestie non si trattano così.
Tra foto, gente impazzita e colori in movimento, il Papa è uscito dall'Università e la gente si è seduta composta sulla propria sedia. I corridoi si sono svuotati e, dopo 10 minuti, il Papa era lì!
Sono arrivate prima le motociclette della Polizia, poi un'auto ed infine, correndo come una freccia, è balenata la Papamobile! A mio parere l'autista della carrozza motorizzata è un folle!!! Il Papa viaggiava a velocità assurde. Un vigile fiscale gli avrebbe fatto una multa, al 100%! Al primo giro record la gente lo ha visto come una furia. Poi, entrato nel campo, l'autista avrà allentato la pressione sul pedale dell'accelerazione ed il Papa ha perso la cuffietta! Ma Papa Francesco è un grande, è semplice. Lui queste cose le prende con il sorriso e la gente per questo lo sente vicino. Il secondo giro tra i corridoi è stato più ragionevole. Qualcuno gli ha lanciato la maglia del Campobasso. Poi ha preso due bambini dal pubblico e li ha amorevolmente benedetti. Infine ha raggiunto il palco e lì, dopo essersi preparato, ha iniziato la sua celebrazione.
Con rispetto per la Santa messa, per il Papa e per i fedeli, mi sono spostato all'interno del campo per avere una veduta fotografica migliore. Siccome molti dei nostri fotografi concittadini e corregionali, amatori e professionisti, spesso sono dei villani, la sicurezza ha allontanato tutti i reporter rimandandoli nella distante piazzola destinata alla stampa. La discrezione che ho avuto nel rannicchiarmi fin da subito sotto le transenne mi ha permesso di rimanere sul campo, seduto direttamente sula terra; in questa maniera ho potuto continuare il mio lavoro senza problemi per me e per gli altri.
Nonostante siano passate poco più di 24 ore dalla messa, non ricordo più cosa sia stato fatto e cosa sia stato detto. Me la ricercherò su internet per rivederla con calma. Purtroppo la fotografia mi fa distrarre, mi prende troppo e finisco per non riuscire ad ascoltare. Mio limite.

Dopo la messa sono uscito di corsa dallo stadio cercando di arrivare per il corso dove il Papa sarebbe passato di lì a poco. Immaginavo di trovare fiumare di gente ed invece sono convinto che il giorno dei Misteri la folla sia molto più numerosa.
Sono salito su un muretto di villa dei cannoni ed ho atteso l'arrivo del pontefice. Anche qui la papamobile sembrava una Ferrari in quanto a velocità! Se non fosse stato per i miei scatti ad 1/1250 di secondo non avrei beccato nulla! L'autista papale, per me, è da licenziare...un folle!

Non avendo null'altro da fotografare me ne sono tranquillamente sceso verso l'eliporto dell'Università, mangiando un pezzettino di pizza. Arrivato lì sono salito in ufficio stampa per avere notizie sul percorso del Papa. In quel momento era a pranzo con i poveri. Sarebbe arrivato all'eliporto quasi tre ore più tardi. Così ha deciso di scendere sotto i portici, occupare una panchina all'ombra e riprendere un po' di fiato. In verità mi sono tolto anche le scarpe che, in una giornata rovente, erano diventate due forni!

Dopo tanta e tanta attesa mia madre, seguendo la diretta di Telemolise, mi ha chiamato dicendo che il Papa si stava mettendo in marcia verso l'eliporto...ma senza papamobile!!! Ho immediatamente pensato:"Per fortuna l'hanno licenziato quella sorta di Nuvolari!".
In 10 minuti il Papa era lì, accolto dagli ultimi ed instancabili fedeli e fotografi. Dopo il saluto alle autorità locali Papa Francesco è salito sull'elicottero, gli hanno chiuso il portellone ed è rimasto ad osservare la gente. In quel momento ho capito tutto, sono tornato cosciente. Qualcosa di importante me lo aveva lasciato, dentro. Lui stava andando via ed io sentivo una sensazione incerta tra l'abbandono e la rassicurazione di essere seguiti e non dimenticati. Per un giorno era stato così tanto uno di noi che quasi non m'ero accorto della sua importanza simbolica. Era stato un po' come il nonno buono che tutto da e nulla chiede in cambio.
Le eliche hanno iniziato a girare; ho aumentato la velocità dello scatto a 1/2000 di secondo e le ho fotografate sperando che fossero ancora ferme. Al display sembravano immobili ma l'elicottero si è alzato, ha ruotato su se stesso ed è andato via.
Sono rimasto a guardare il cielo e poi mi sono riavviato verso gli amici dell'associazione che mi aspettavano. Neppure un minuto e riecco l'elicottero bianco sopra l'eliporto. Ho pensato:"Papa Francesco è tornato! Non poteva lasciarci così..."! Ed invece era un altro elicottero. Quello per gli altri compagni di viaggio del Papa.
Chissà quando lo rivedremo...

23 giugno 2014

Favola di un albero di mele

Il cielo ci appartiene molto di più della terra. La bilancia della farmacia dice che peso qualche grammo in più di 60 kg e la lucetta dei centimetri oscilla intorno ai 176, dipende da quanto stiro il collo. Stando a questi dati il mio corpo ha una superficie di 1,75mq; 1,70mq di questi sono avvolti dal cielo ed il resto toccano la terra! La noia dei calcoli, talvolta, può condurre a conclusioni di fantasia quindi diciamo che se mi mettessi su un solo piede sarei quasi tutto del cielo! Se volare è appartenere al cielo non mi spiego perché ci ostiniamo a definirci “terrestri”. La gravità agisce più sulla nostra fantasia che sulla nostra massa.


Di Zinno, più o meno, la pensava come me. Mio nonno mi raccontava che suo nonno gli aveva raccontato che un suo zio era compagno di giochi di Paolo Saverio Di Zinno. Pare che da piccolo l’ideatore dei Misteri passasse l’estate arrampicato su un albero di mele. Ogni giorno scorticava un pezzetto della corteccia del ramo più resistente e poi ci ripassava su con il fianco di una pietra ruvida per dargli una lisciata. Ed ecco che, poco alla volta, veniva fuori un “sedile” più comodo su cui si sarebbe seduto a gustare, in santa pace, le squisite limoncelle che gli gravitavano intorno. I genitori, seppure molto apprensivi, non ne sapevano nulla!

Fine agosto. La giornata si truccava di arancio, poi di rosso e poi quasi di blu. Il posto sul ramo richiedeva ancora qualche ritocco ma era ora di rientrare. Non era neanche tanto la paura di un buffetto del papà, quanto il timore di essere messo in punizione e di non uscir di casa per qualche giorno a causa di quel ritardo…chi lo avrebbe finito di sistemare il bel sedile sul melo? Scendendo in fretta, scivolò: prima i polpacci, poi i glutei ed infine la schiena, scorsero lungo il ramo che, forse per affezione, lo arpionò al colletto della camicia e lo resse, come un impiccato, fino all’alba! Di Zinno provava a divincolarsi muovendo le spalle ma il melo lo teneva forte. Il piccolo Paolo, però, iniziò a scoprire il divertimento del dondolarsi, dell’oscillare e così passò spensierato le ore di buio. L’armonia dei movimenti amplificò le oscillazioni del ramo che, ad un tratto, lo lanciò in aria facendolo poi cascare a terra. Un attimo e, a gambe levate, Paolo rientrò per le stradine della piccola Campobasso tutta allarmata per la sua “scomparsa” e raggiunse casa. Furono ceffoni e punizione!


Una settimana dietro la finestra lo fecero riflettere ma non lo fecero pentire: si era davvero divertito e presto sarebbe tornato al melo! Quando tornò al ramo, un po’ completava il suo sedile ed un po’ si dondolava con le mani agganciate saldamente alla corteccia.