29 novembre 2012

All'oscuro di tutto!

Per quanto si voglia essere coraggiosi, sono tante le cose di cui un uomo qualsiasi può avere paura. Abituato a passare ogni giorno un po' di tempo dietro la finestra, una delle mie paure più grandi è quella di non riuscire più, un giorno, a vedere la luce ed i colori.
Il buio assoluto mi ha sempre impressionato, non per il suo colore nero che ha comunque il suo fascino; più che altro mi destabilizza la mancanza di riferimenti, l'incapacità di riconoscere lo spazio, l'impressione che il buio annienti quasi tutti gli altri sensi...se non vedo pare che non arrivo a toccare..., non c'è nulla da sentire, non ho voglia di mangiare o di riconoscere un profumo.

Un paio di mesi fa, in una chiacchierata tra amici, è spuntata l'ipotesi di andare a visitare una grotta. Ho accolto la proposta con lo spirito di chi è curioso ed insicuro di affrontare un percorso misterioso. Lì per lì ho pensato: "Mancano un sacco di giorni, di che mi preoccupo???". Un giorno dopo l'altro è arrivato il momento di preparare seriamente l'escursione sottoterra. Nel mio immaginario si sarebbe trattato di un viaggio in una fredda oscurità, rintanata nelle segrete della natura. Pensavo ad un posto pericolante e devastato da un disordine assoluto mascherato dalla mancanza di luce. Andarsi a ficcare negli intestini delle rocce mi faceva pensare a Pinocchio nella pancia della balena, con la differenza che al piccolo burattino bastò accendere un fuoco per farsi starnutire in salvo in mezzo al mare. Come avrei potuto farmi starnutire fuori da quei cunicoli di pietra?

Le verità sono due e, mescolate, fanno una: un po' mi sono fidato dell'esperienza dei miei amici; un po' ho letto su internet le esperienze di tutti quei fifoni come me che hanno fatto visita alle camere riservate della terra.


Domenica 25 novembre eravamo poco meno di venti amici, ognuno equipaggiato alla meglio: tute da lavoro, guanti da lavapiatti, caschi da motociclo, stivali da vendemmia e torce da "quando se ne va la luce"!
Già mascherati da finti speleologi, ci siamo incamminati verso l'ingresso della grotta di Campo Braca. Nel freddo secco di una mattinata quasi invernale, ecco il tombino di accesso chiuso, con una pietra, "a sepolcro"!!!


La verità è che il timore ed il rispetto per la natura non è bastato per frenare la mia curiosità di scendere a vedere cosa si nascondeva lassotto. Impaziente ho aspettato il mio turno e mi sono infilato in quell'ombelico buio. Un passo più avanti Sara mi ha spiegato di fare attenzione; Domenico mi ha detto di camminare accovacciato; Valeria mi ha portato la torcia che m'ero dimenticato sul prato sott'al sole! ERO DENTRO LA TERRA...anche se di un paio di metri!


Quell'ambiente mi ha accolto con il suo carattere di pietra. Mi ha fatto capire la mia piccolezza di uomo nel momento in cui l'unico modo di farmi strada era quello di inginocchiarmi, di sporcarmi le mani e di piegarmi con il corpo nel modo in cui i cunicoli mi obbligavano a fare.
La più grande fortuna è che non mi sono sentito mai solo e mai abbandonato: Domenico, Sara e Valeria hanno tenuto alta l'attenzione su ognuno di noi, me compreso. Se tutto è andato meravigliosamente bene è merito loro e mi sento di ringraziarli di cuore per l'esperienza che mi hanno permesso di fare.


Li ringrazio perché mi hanno "battezzato" nella grotta di Campo Braca! Il rito mi ha parecchio emozionato: nell'ultima camera che abbiamo visitato, vicino da un corso d'acqua di cui si sentivano solo gli scrosci, è stato intonato l'Inno Nazionale al termine del quale i nostri amici ci hanno segnato il viso con il fango della terra. Mi sono sentito davvero figlio della Natura e della mia Patria.
Poi abbiamo spento le torce, tolto la luce ai caschetti e riservato il massimo silenzio a favore dei suoni di quell'ambiente. Mi sono levato lo sfizio di sfilarmi il casco per ascoltare quello che succede sotto la pelle del mondo.
Più tardi sono riuscito dal pozzetto. Ma solo per prendere la macchina fotografica lasciata in superficie! A quel punto sono risceso ed avevo quasi voglia di restare lì dove c'erano i pipistrelli che, certe volte, svolazzano e pare che ti vogliono venire a sbattere sul muso. Io non ne ho fotografato manco uno, mi sono scordato!!! In realtà è proprio alla grotta che ho fatto poche foto: ho il problema che impiego tempo a familiarizzare con un posto prima di farci qualche scatto. Probabilmente, se dovessi avere la possibilità di tornarci, sarei sicuramente più disinvolto.


In fin dei conti non è poi così un dramma non essermi portato a casa chissà quali fotografie: mi è bastato conoscere un'altro pezzettino, piccolo piccolo, di questa terra.

13 ottobre 2012

"A lupo! A lupo!"

Un'uscita fotografica è una conquista, un premio, un regalo che si fa a se stessi dopo aver aspettato più o meno tanto. Io la vedo come un'occasione che si vive fuori dal tempo, facendo un passo fuori dalla realtà. Difatti, quando esco a fare due foto mi rendo conto che in quei momenti la vita, per gli altri, scorre normalmente, con gli impegni e le funzioni ordinarie. Io, invece, mi trovo ad osservare quello che gli altri fanno. E' come se recitassero per me che ho a disposizione qualche centinaio di giri d'orologio.


Uscire insieme ad amici che si guardano con te lo spettacolo della vita che si reinventa è entusiasmante. Negli occhi di ognuno si scorge la curiosità propria dei bambini; la voglia sfrenata di lasciarsi sorprendere dalle cose; la gioia di essere lì in quel momento.
L'altra mattina, con Mario, Rino ed Aldorindo ce la siamo spassata poco al di fuori del nostro amato Molise: Barrea, Civitella Alfedena, Opi. Posti ad un passo da casa che somigliano e contemporaneamente sono diversi dalle nostre realtà.


Riflettevo su una cosa: nei paesi del Molise le persone anziane parlano solo il dialetto locale perché quella lì è la loro identità, ambientata in borghi che, purtroppo, sono quasi del tutto abbandonati oppure sono curati male. Nei paesi dell'Abruzzo che ho visitato l'altro giorno le persone anziane, probabilmente, parleranno anche il loro dialetto, ma a me, come turista, hanno parlato in italiano. Ed i loro borghi sono curatissimi, pitturati di fiori e con dettagli curati.

19 agosto 2012

Sole grande e (g)rosso!

...e così mi portarono in piscina insieme a mio fratello per un corso estivo che avrebbe dovuto invogliarci ad iscriverci alla stagione di nuoto che sarebbe dovuta iniziare un mese più tardi. Ma, al di la di qualche ora a mollo attaccati vicino al tubo della corsia di bordo, non ci insegnarono nulla e così la passione per il nuoto non m'è venuta. Tutt'ora credo di essere il più scarso dei nuotatori autodidatti, me ne accorgo quando vado al mare ed entro nel panico quando mi sembra di non riuscire a toccare.


Tuttavia sono innamorato del mare inteso come luogo naturale dove riuscire a farsi una bella passeggiata con la fidanzata (sopratutto quando il sole non scotta) e dove riuscire a scattare foto carine e pure divertenti.


Con la famiglia abbiamo fatto un giro nella zona di Vasto dove mi avevano detto ci fossero dei posti di grande valore paesaggistico. Ho fatto finta di non crederci ed ho "costretto" genitori, fratelli e fidanzata a salire in macchina per portarmi a vedere di persona queste località speciali.


Odio il navigatore satellitare perché troppo spesso ti porta diritto a destinazione. Amo, invece, il modo di guidare e di orientarsi di mio padre: non segue neppure una indicazione, gira a vanvera e, spesso, finisce per trasportarci casualmente in posti meravigliosi! Con piacere posso dire di aver ereditato questa capacità di perdersi per strada...ci vuole fiuto!


Destinazione principale doveva essere Punta Penna ma, come già detto, non è divertente arrivarci spediti! E così, mentre eravamo tutti affacciati ai finestrini attenti a scorgere il bivio giusto da imboccare, ad un certo punto ci siamo buttati per una stradina sconosciuta che sembrava portasse al mare.


Infatti, per pura fortuna, abbiamo trovato una scalinata in terra e legno che scendeva in una piccolissima baia fatta di sassolini coloratissimi e scogli più o meno arancioni, investiti da onde bianche e cariche di energia.


Da qui si intravedeva una strana struttura di legno costruita qualche decina di metri più avanti. Per spostarci da quella parte siamo dovuti passare in mezzo all'erba e davanti ad una rete che conteneva le ire di un cagnone abbaiante! Per fortuna, tutti salvi!


Davanti ai nostri occhi ci siamo trovati questa passerella molto lunga fatta di tronchi e tavole di legno. C'ho messo i piedi sopra e traballava tutto quanto. Ma il legno, si sa, è così! Con l'animo del conquistatore impavido, appoggiandomi sulle precarie ringhiere in fil di ferro, sono arrivato fino in fondo alla passerella.


Qui c'era un cancello chiuso a lucchetto, ma forse non era così importante andare oltre perché quanto c'era da vedere lo si scorgeva anche da qui: sui tronchi che sostenevano le reti da pesca buttate in mare erano allineati un sacco di gabbiani.


Stavano lì tranquilli anche se mi avevano visto benissimo: evidentemente il cancelletto chiuso li rassicurava. Probabilmente non avevano calcolato che ero pronto a puntare contro di loro un cannone fotografico!!! Infatti con il mio bel teleobiettivo li ho fatti secchi uno ad uno e sono disposto a mettere le loro foto sui giornali di gossip!!!


Quante righe c'ho messo per raccontare tutto questo? Be', in realtà tutta questa avventura è durata cinque minuti anche perchè mio padre non stava sereno su quel legno ballerino.
Il sole stava calando e Punta Penna era ancora una meta da raggiungere. Con l'acceleratore schiacciato non siamo riusciti a raggiungere grosse velocità visto che il traguardo era poco più avanti, proprio al porto di Vasto. Era da qui, infatti, che si entrava a Punta Penna. La cosa strana è che noi arrivavamo e tanta gente andava via. Pensavamo che stessero chiudendo la spiaggia!!! Stavo quasi per rimpiangere la scelta di non usare il navigatore.


Ci siamo avviati comunque, controcorrente. Un centinaio di metri ci hanno portato con i piedi sulla finissima spiaggia di uno dei paesaggi marini più belli che abbia mai visto!
Partendo dall'orizzonte e proseguendo verso terra vedevo il mare senza scogli, la spiaggia, le dune ricoperte di piante dorate e una parete di roccia ed alberi.


Ad animare la scena c'erano ragazzi che giocavano in acqua e sulla spiaggia, un fotografo che faceva un servizio fotografico ad una modella, un tizio che faceva esercizi strani di contemplazione e tanti gabbiani. Insomma: Punta Penna era tutt'altro che chiusa!
Forse mi conviene parlare poco di questo posto e affidare ogni descrizione ad alcune immagini che ho ripreso.


Lo scatto più bello l'ho fatto ai miei genitori mentre, come due giovinetti innamorati, se ne andavano passeggiando sul bagnasciuga infuocato.


Nel frattempo, dietro le montagne, calava il sole grande e (g)rosso di Punta Penna.

30 luglio 2012

Splash!!!

Leggo poco, me lo dicevano sempre anche le maestre, in coro con mia madre. Leggo poco perché sono distratto: dimentico i nomi dei protagonisti, non metto il segnalibro e poi le storie troppo lunghe mi annoiano terribilmente anche se sono affascinanti. Preferisco senz'altro racconti brevi e che dicono tutto in piccoli quadretti che riescono a dipingere nella mia immaginazione.


E mi piace, allo stesso modo, stare a guardare fotografie che in un solo colpo riescono a raccontare una storia. Tanti scatti sono in grado di comunicare più di qualcosa, ma sono pochi quelli che ti descrivono e ti riempiono completamente. Ma è roba da maestri e, siccome sono il più pasticcione degli scolaretti fotoamatori, per scrivere una storia ho bisogno di qualche scatto in più.
Alcuni amici molto gentili mi hanno proposto di preparare una mostra fotografica personale che desse un po' di colore ad una serie di concerti rock organizzati ad Oratino dal 2 al 6 agosto 2012.
In realtà tra le mie decine di migliaia di fotografie non riuscirei a tirare fuori il materiale giusto per fare da spalla ad un concerto rock: ho tantissimi ritratti che non posso esporre per il discorso della privacy (maledizione); ho dei paesaggi che saranno pur belli ma alla fine stancano; ho le foto di moltissime manifestazioni molisane ma mettere foto del genere durante un concerto, secondo me, non è il caso.
E così ho pensato di realizzare un piccolo progettino fotografico appositamente per la manifestazione. Idee di partenza: tanto colore, forte movimento e sguardi vivaci!!!...tutto questo con la necessità di fare tutto il servizio in pochissimi giorni ed a costo zero.


Ho pensato, quindi che il mare è un posto in cui l'acqua, per fortuna, te la danno gratis, di attori ne puoi trovare tantissimi e l'effetto scenografico è assicurato.
Dunque, l'altro giorno, mi sono accordato con Giuseppe e ci siamo trovati a Termoli per preparare "SPLASH!!!" la serie fotografica da proporre alla mostra. Per i primi scatti non sapevo proprio da dove iniziare perché non ho mai avuto a che fare con dei "modelli"!


Per fortuna la comitiva di Giuseppe è vivace e brillante e così, in maniera molto naturale, mi hanno aiutato a partire. Un ringraziamento, quindi, va a loro e alla signora che ci ha prestato due secchielli per lanciare l'acqua!

17 giugno 2012

"...il Pizzicantò?! Esce mo che fa scuro..."

Il Molise mi sorprende perché è come un artista rozzo: ha potenzialità uniche e carattere chiuso e schivo. Roba che se racconti in giro che ha risorse inimitabili la gente non ci crede!
Ho scoperto da un paio di mesi che in un giorno non precisato dell'anno e ad un'ora non precisata, nel paese di Castellino sul Biferno ci sarebbe stata una manifestazione straordinaria: il "Pizzicantò"!


Ho cercato informazioni su internet, fotografie, video, locandine su Facebook...niente di niente se non rarissime testimonianze di chissà quanti anni fa.
Prima che una qualsiasi associazione fotografica delle nostre parti metta le mani su queste manifestazioni, rendendole un ritrovo per fotoamatori alla ricerca di premi di concorsi appositamente organizzati, è bene farsi un archivio di immagini che raccontano eventi non ancora diventati "commerciali".
Con qualche informazione presa al volo, il 12 giugno, vigilia della festa di Sant'Antonio di Padova, io ed Antonio ci siamo organizzati per andare a vedere con i nostri occhi la sostanza della festa.
Castellino sul Biferno non è un paese chissà quanto grande; non è neppure posizionato su qualche cucuzzolo visibile dai belvedere degli altri paesini dei dintorni. Lui sta lì, per conto suo, e per alcuni aspetti si lascia mortificare dal tempo e da qualche idea geniale delle nuove architetture. Ne è un esempio una specie di campanile (che campanile non è perché appartiene ad una scuola del paese) disegnato in chiave non direi moderna ma stile cartone animato giapponese: forme strane e colori abbinati da qualche "artista" daltonico!!! 
Oltre queste brutture (...che peccato...), tante sono le case svuotate e sigillate da porte e finestre che hanno rughe profonde e sbiadite perché cotte di sole. Non ho visto una sola persona affacciarsi ai balconi del corso. Se ne avessi intravista qualcuna le avrei chiesto sicuramente di farmi salire a fare qualche foto!!!


Tutti queste riflessioni ci venivano spontanee passeggiando per le strade molto vuote del paese. Ogni tanto c'era qualche portoncino aperto e delle persone a chiacchierare fuori sfruttando le giornate lunghe di giugno. E poi ecco i primi fuochi; infatti per questa festa vengono preparati dei cumuli di legna a cui viene data vita con fiamme abbastanza alte.

1 giugno 2012

Nei passi di una volta

"Le campane son finite
nei rintocchi della notte,
e mi perdo in passi incerti
dentro vicoli invecchiati.
Panni stesi a luna chiara,
scale in pietra illuminata,
voci e storie di persone
che trapassan le persiane.
Quelle case fatte in pietra,
le parole di una volta,
poi la legna, poi quel vento,
chi la porta sta chiudendo.
Il camino che fa fumo
ed il sugo: che profumo.
Dopo un sogno di presagio
giungerà dal primo raggio
il giorno atteso della messa
che da tempo è ormai la stessa."

Il 16 marzo del 2008 camminavo per le strade del centro storico di Campobasso e, tornato a casa, buttai giù queste righe su tutto quello che avevo visto per strada. Rileggendole riesco ad immaginare una di quelle scene che adesso mi piace tanto fotografare!

28 maggio 2012

Volare in alto con un treno!

Viaggiare in treno mi mette nostalgia anche se non so di cosa. C'è un binario che mi parte da dentro e viaggia all'indietro verso il piccolo casello di Bosco Redole di Vinchiaturo. Era qui che il mio bisnonno viveva. Ed era qui che lui lavorava accendendo ogni sera le fiammelle dei segnali ferroviari. Addirittura, nel dopoguerra, Bosco Redole divenne proprio una fermata ferroviaria su sua richiesta visto che aveva necessità di far salire i suoi numerosi figlioli per mandarli a scuola!
Chissà quante volte il treno avrà fischiato arrivando davanti al casello. E quel fischio lo ha accompagnato per tutta la vita. In qualche modo, anche il suono del treno che corre sulle rotaie è rimasto impresso dentro di lui ed è come se ce lo avesse trasmesso "geneticamente"! Forse la nostalgia di cui parlavo è legata ad un tempo che non c'è più ma che mi sembra di aver vissuto.


Girovagando in rete ho trovato una locandina che parlava di una "Transiberiana italiana". Un tratto ferroviario, ormai dismesso, che una volta collegava Isernia a Sulmona. Purtroppo questo percorso è momentaneamente disattivato al traffico ferroviario perché, così si giustifica, è poco utilizzato. E pensare che mio padre lo prendeva spesso quando, a vent'anni, andava e tornava dalla caserma dove ha fatto il militare!


Non c'ho pensato neppure un attimo ed ho deciso di prendere contatto con l'associazione "Le Rotaie" di Isernia che voleva organizzare la riapertura, per una giornata, di questa tratta!

26 maggio 2012

Scattare dal treno


Mi appunto una serie di consigli presi dalla rete ed in particolare dal sito "Digital Photography School". Può essere utile per il giro che dovrei fare domani sul tratto Campobasso-Isernia-Sulmona.
1. Tenere sempre sotto controllo l'attrezzatura!
2. Se c'è pioggia potrebbe non essere così traumatico: la pioggia potrebbe far brillare e contrastare maggiormente i colori del paesaggio.
3. Viaggiare nei vagoni di coda è l'ideale per riuscire a riprendere per intero il treno che viaggia dinanzi a noi.
4. Scattare con il finestrino aperto è una buona idea ma è consigliabile l'uso di occhialini a protezione del vento e di particelle che possono finire negli occhi. Forse sarebbe una buona idea mettere davanti agli obiettivi dei filtri di protezione.
5. Scattare a priorità di tempi può essere una buona idea che ho già sperimentato viaggiando sui pullman. Sicuramente la tecnica del panning ritorna utilissima!
6. Non indossare la macchina fotografica al collo o attaccata ai polsi per evitare di uscire dal finestrino insieme a lei se, per sfortuna, dovesse restare appigliata a qualche ramo (ops...meglio non pensarci).
7. Il filtro polarizzatore è una buona idea per eliminare i riflessi dei finestrini e per saturare i colori.
8. Evitare obiettivi fissi ma lenti con grande escursione focale e servirsi dello stabilizzatore.
9. Scatti meno mossi si possono ottenere con gambe larghe e braccia vicine al corpo.
10. L'esposizione multizona può essere decisiva quando si entra e si esce dalle gallerie per bilanciare meglio la luminosità dello scatto. E' inutile dire che è sempre preferibile avere istogrammi completi per recuperare i dettagli persi. Naturalmente le foto vanno scattate in Raw.
11. Portare molte schede di memoria è fondamentale quando si scatta a raffica.
12. L'ultimo consiglio è quello di godersi un po' di paesaggio anche senza scattare!

18 maggio 2012

Le pagnottelle di San Giuseppe


L'abitudine mi porta a non riuscire a fare a meno del pane, neppure quando mangio la pizza di patate! Addirittura c'è qualcuno che mi supera: alcuni non riescono a fare a meno di una fetta di pane in accompagnamento ad un piatto di pasta o, addirittura, alla frutta! Mi ricordo che i miei nonni erano abituati così e, in generale, nel nostro Molise non è raro capire quanto questo prodotto di grano e fuoco sia indispensabile.


In generale, non solo a Guardialfiera, proprio con i panini o con le pagnottine, nei giorni antecedenti la festa dei Santi o nei giorni stessi della ricorrenza si fanno le così dette "devozioni". Alcuni di questi giorni di riferimento sono il 19 marzo ed il 1° maggio per San Giuseppe ed il 13 giugno per Sant'Antonio di Padova.


Quest'anno sono capitato a Guardialfiera proprio un giorno che preparavano le pagnottelle per la devozione a San Giuseppe per il 1° maggio. Una gentilissima famiglia che conoscevo mi ha dato la possibilità di vedere come funziona tutta la preparazione dei pani. Siccome il lavoro è iniziato in nottata, ho preferito assistere solo alle fasi conclusive della mattina!

4 aprile 2012

In giro sull'UNO NERO

Con tutto il rispetto per il "Peperone di Weston" e per gli amanti dello still-life, per me la fotografia significa sopratutto uscire di casa e conoscere qualcosa che non riesce a farsi contenere in una stanza.
In camera mia non potrò mai incontrare gente che passeggia, bambini che corrono, carabinieri che fanno un posto di blocco oppure cartelloni pubblicitari tutti colorati.


Le mie escursioni fotografiche me le faccio a piedi oppure in macchina per raccogliere nel mio "cestino fotografico" i frutti di giornata sbocciati dalla vita reale. Ma un'alternativa c'è: comprare in edicola un biglietto della corriera urbana e farmi portare in giro senza lo stress del traffico e con il vantaggio di essere invisibile dietro il finestrino!


Le persone che girano in città non ci guardano mai o quasi mai dentro il pullman e quindi non bisogna fare i conti con la soggezione di realizzare un ritratto! I bambini, però, hanno una sorta di sesto senso: ti individuano subito!!! Magari ti salutano e ti cacciano la lingua! I più grandi, invece, non la prendono sempre bene: più che altro non s'aspettano che qualcuno gli stia puntando contro un obiettivo. In pochi secondi arriva puntuale la risatina ed il dito puntato verso di te per farmi capire che sei stato beccato!

17 marzo 2012

Il paese delle fate

Avevo visto Castropignano solo da lontano, o meglio: dalla strada bifernina ero riuscito a scorgere solo il profilo frastagliato del castello e nulla di più. Un giorno caldo di passaggio tra l'inverno e la primavera non è l'ideale per trovare già la nuova stagione in fiore ma promette sicuramente di riempire i piccoli borghi molisani di persone anziane che si impregnano come spugne di tutto il calore del sole gentile. D'altronde, dopo uno degli inverni più nevosi degli ultimi anni, l'esigenza di scaldare le ossa è come l'appuntamento fisso con un medicinale!!!
All'entrata del paese c'è un bar e, da fuori, si vede che il gestore ha pensato di dare un tocco di modernità a quel luogo di incontro dei suoi compaesani. Un attimo dopo questa osservazione ecco davanti ai miei occhi una cabina telefonica sulla quale era fissato un appuntamento molto particolare con la Telecom: "Questa cabina sarà rimossa il...".


Cosa c'azzecca l'osservazione sul bar e su questa cabina? Che a primo impatto mi sembrava di poter concludere che quel paese lì volesse mettere un punto al passato e ripartire con una nuova "era moderna"! Immaginavo, quindi, di sentire forte la presenza giovanile e di addentrarmi in un centro storico rinvigorito dalla primavera delle generazioni.

16 febbraio 2012

L'alone sul 50mm 1.8 D...ecco cos'è!

Mi perdoni la fidanzata ma oltre che di lei sono innamorato del 50mm 1.8! In fondo senza questo cristallo lei non avrebbe i bei ritratti che adesso appende in cameretta!!!
Una sera d’estate c’eravamo tutti e tre: io, la fidanzata e “l’occhio di vetro” (detta così è terribile)!!! 
Provai a fare una posa lunga che richiedeva una compensazione in termini di chiusura del diaframma. Controllai il risultato sul display e trovai una bella macchia che sembrava di unto al centro della fotografia!!! Credendo fosse un riflesso di un lampione, cambiai inquadratura e riprovai…niente da fare: la macchia di “unto” c’era sempre!!! Crisi…


Nei gironi a seguire uscii solo con “l’occhio di vetro” facendo diverse fotografie: nei controluce comparve di nuovo l’alone. Provai anche a cambiare obiettivo e constatai che il problema ce l’avevo solo con cinquantino! L’amore con il cinquantino cominciava ad avere delle cricche!
Portai macchinetta ed obiettivo al negozio di fotografia per spedire la lente in garanzia. Morale della favola:
quasi due mesi senza macchinetta a causa dei tempi biblici dell’assistenza;
pulizia del sensore addebitata al povero utente (cioè io) per una spesa di circa 55 euro!
macchia sempre al centro delle fotografie.
Siccome “l’amore è cieco”, ho accettato di continuare la storia con il 50mm  tollerando il difetto. Oggi, però ho riprovato a portare l’obiettivo al negozio dove ho dovuto accettare, momentaneamente, un colpo al cuore: montando sulla mia macchina un altro 50 mm nuovo (tradimento?), la macchia c’era sempre! Dunque il problema non era nella lente, ma nel mio povero sensore!!! Sembrava…così credevo…
Tornato a casa tutto triste, immaginando di dovermi tenere una macchina con una piccola “invalidità” ho provato, per l’ennesima volta, a cercare altri disperati come me sui forum di fotografia. Li ho trovati. Molti di più di quelli che immaginassi. Tutti quelli che hanno il buon vecchio cinquantino!!! E dico “vecchio” perché è proprio una versione…passata…ecco spiegato perché la Nikon ha sfornato nuovi modelli equivalenti di recente!!!
Ho scoperto che le ottiche “vecchie” sono state sottoposte a trattamenti antiriflessi fatti per la pellicola che aveva unoo strato antialone opaco che non rifletteva. Queste ottiche “vecchie” sono state adattate al digitale e quindi il trattamento antiriflesso posteriore non basta ad abbattere i riflessi. Il digitale sopra il sensore ha il filtro passa basso che, invece che essere opaco, è lucido a specchio e fa rimbalzare tutti i riflessi non abbattuti dall'ottica. Dunque si ha un riflesso chiamato "hotspot" che produce proprio quella “macchia”. Il colore dell'alone colorato dipende dallo strato di protezione della lente sul 50mm, infatti tende all'azzurrino.
Chiunque possieda il cinquantino ha questo "problema", così come può accadere per le ottiche fisse luminose. Gli zoom, anche luminosi, non sono afflitti dall’inconveniente o lo sono molto meno. In ogni modo bisogna stare attenti a diaframmare al di sopra degli F/11: è qui che l’alone tende a comparire più facilmente.
La riflessione è molto più evidente se si fotografa oggetti ad alta luminanza e si manifesta in maniera ancora più evidente nella fotografia IR.
Bene, allora come si suole dire: io, la fidanzata e “occhio di vetro” vivemmo felici, contenti e mai contro luce!

11 febbraio 2012

Manteniamo la promessa

Come promesso, appiccico su questo diario un pochettino di scatti fatti con l'analogica! Secondo voi, com'è andata?

9 febbraio 2012

L'anno zero della mia fotografia



Fin'ora ho "digitalizzato la realtà; oggi ho iniziato a fare fotografia!
Eppure in questo promemoria di fotografie non ne metterò...non perchè non ne abbia voglia, anzi...purtroppo non posso perché gli scatti realizzati da un paio d'ore a questa parte sono sigillati in un rullino Kodak da 36 scatti e 200 asa che sta chiuso nella Yashica FX-3 di mio padre!
I giorni passati avevo già cacciato la borsa in pelle che mio padre usava tanti anni fa, l'avevo aperta e avevo iniziato a togliere un po' di polvere. Quando le due macchinette erano pronte per luccicare all'aria aperta, ecco che mi sono accorto che ad una mancava il rullino e all'altra mancavano le pile...Insomma, il modo migliore per fare l'introduzione al tema "La mia gigantesca ignoranza fotografica"!!!
E così ho richiuso tutto dentro la borsa con la promessa di comprare tutto quello che serviva per rimettere in moto le due macchine da presa.